Mi permetto di portare fuori da Facebook un post di Andreas Formiconi. Seguo costantemente ciò che propone ammirato dalla sua lucidità di giudizio. In questo caso si riferisce al rapporto tra l’insegnante e la modalità di portare gli alunni alla conoscenza. Il commento e la riflessione si inseriscono all’interno del MOOC “Coding a scuola con software libero” che utilizza il linguaggio di programmazione LibreLogo e interpreta in modo esemplare quello che spesso succede tutti i giorni nelle classi.
Ecco il suo post:
Nel chiuso di un forum di un’università “moderna” Roberta scrive un commento interessante, a proposito di esercizi con la Tartaruga di Papert, che sintetizzo così:
***
Dall’analisi è emerso che sono partita con alcune convinzioni:– non sono brava a fare questo, non conosco quest’altro, sono incapace nelle rotazioni
– devo sapere bene prima di proporre ai minuscoli
– devo dimostrare di saper fare
– se parto dall’inizio e memorizzo i comandi poi sarò in grado di trasmetterli
– non sarò mai capace di preparare un diario come quello presentato nel video introduttivo, né di fare un logo come quello: pieno di curve, rotazioni, angoli
– mi sono sentita in affanno per cercare di far girare la tartaruga come volevo io
Ad un certo punto mi sono resa conto che ho utilizzato tutte le strategie disfunzionali che conosco e che cerco di intercettare nei bambini: pensieri autosabotanti, convinzioni, memorizzazione senza ragionamento.
***Rispondo:
Sì, soprattutto pensieri autosabotanti, proprio così.
Se porti i bambini a fare una gita in un bosco, mica impari a memoria tutte le caratteristiche del bosco? Al più cercherai di informarti su qualche fatto generale, poi lo scoprirai insieme a loro. E se vi imbatterete in un problema, ebbene, lo scopo è proprio questo: scoprire dei problemi da risolvere che siano interessanti e significativi. Dove troveremo dell’acqua? Cosa ci sarà dietro a quella collina? Qual è la via più veloce per tornare?
Così con la Tartaruga. E se ti imbatti in un problema che non riesci a risolvere subito, benissimo, trasforma il fatto in un gioco. Così sarai più vicina ai tuoi bambini, più simile, più umana. Andrete tutti a casa con un bel punto interrogativo in mente e questo fa tanto bene: avere una bella domanda in testa. Senza domande si muore. Tu magari troverai la soluzione a casa. Te ne servirai i giorni successivi per guidare i bambini, senza fretta. Così impareranno che per risolvere problemi occorre tempo, si avvicineranno al pensiero profondo, impareranno a fabbricare parti di mondo, che è un processo lento. Impareranno.
E mai dimenticare: potrebbe anche succedere che un bambino torni a scuola con una soluzione che tu non avevi previsto – questo è il massimo che puoi sperare.
Insieme a Matteo Ruffoni e ad altri colleghi cerchiamo di diffondere questo approccio esplorativo che non addestra ma avvicina all’emancipazione e alla consapevolezza.
p.s. per chi volesse provare ad utilizzare LibreLogo segnalo il Piccolo manuale di LibreLogo