Il confine

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Nell’uso degli strumenti digitali la parola che sento più spesso, le richieste che ricevo per soluzioni d’uso, è: “qualcosa di facile, che io con il digitale non ci capisco niente.”

Leggendo le pagine di presentazione di un nuovo servizio, di una app o di qualche nuovo device si legge: facilità d’uso, risultati veloci, due click e hai quell’effetto e quell’altro risultato.

Questo approccio permette l’utilizzo di strumenti e soluzioni digitali ad un numero sempre più grande di persone che possono iniziare subito ad usare questi scintillanti strumenti.

A volte non serve neanche saper leggere o scrivere: si guardano le immagini, si ascolta un audio o si guarda un video, si parla e il software riconosce il testo e lo scrive. Basta fare click qui e là e magicamente si accede o si produce un contenuto.

Allora mi chiedo: qual è il confine minimo da superare, i saperi minimi essenziali che permettono di accedere/produrre contenuti digitali? Ho l’impressione che questa linea invisibile si stia abbassando sempre più, sono sempre meno le competenze e le conoscenze che bisogna acquisire.

È un bene questa cosa? È un bene che eliminiamo quasi completamente la fatica di dover apprendere conoscenze e competenze in ambito digitale?

Da una parte dico di si: più persone possono accedere alle conoscenze, possono produrre conoscenze e comunicare con gli altri. Dall’altra parte non lo so. Vorrei allora fare un parallelo con quello che succede in altri settori, per esempio lo sport. Nello sport i valori della fatica, dell’impegno per raggiungere un risultato, della dedizione e del lavoro su sé stessi e sul proprio corpo sono valori tenuti in alta considerazione. E chi prende delle scorciatoie per raggiungere migliori risultati (penso al doping) viene punito con pene che arrivano fino alla sospensione definitiva dall’attività agonistica.

Se invece ci trasportiamo nell’ambito del digitale tutti quei valori spariscono. Nel mondo della scuola, quello in cui lavoro, mi capita di far conoscere software o altri strumenti digitali nuovi o a persone che non li usano. Dopo la descrizione di 2/3 passaggi, molti sono già in difficoltà, la memoria viene usata poco (forse perchè siamo sempre più abituati a delegare qualcos’altro a ricordare le cose?), ciò che si trova scritto sullo schermo non viene letto oppure viene letto ma senza comprenderlo.

La frase che risuona è: “Ma è troppo difficile!”

A questo punto mi chiedo: dov’è il confine tra il troppo difficile e il val la pena metterci un po’ di fatica? Fino a che livello è giusto e doveroso pretendere apprendimento di competenze e conoscenze?

A volte ho l’impressione che questo livello sia veramente molto, forse troppo basso. È come se fare benzina ad un’auto sia ritenuto “cosa da meccanici”, come se accendere il fornello per cucinare sia “cosa da cuochi”, mettere la spina nella presa per far funzionare un elettrodomestico sia ” cosa da elettricisti”.

Il rischio che vedo è che le persone si illudano di avere competenze che invece non hanno, e che pensino di essere in grado di realizzare contenuti digitali quando, in alcun in casi, il 90% di ciò che realizzano è merito degli strumenti che usano, o dei template presenti nelle diverse piattaforme.

Certamente non dobbiamo diventare tutti programmatori, ma perché non spostare un po’ in avanti il confine per crescere di più? Crescere costa fatica, tempo, energie, fallimenti e successi. Penso che valga la pena investire qualcosa di più di noi stessi nell’uso degli strumenti, hardware e software, che abbiamo tra le mani tutti i giorni.

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